Imparando da Roma. Santiago Calatrava e Borromini: politica, teologia e architettura

Lezione MAXXI 9.10.2018

di Redazione AR

 

Architetto, ingegnere, flâneur, Santiago Calatrava (Valencia, 1951) è stato ospite il 9 ottobre scorso al Maxxi (“Questa sarà la centesima volta che vengo qui. In nessun posto ho imparato come a Roma”) per inaugurare la prima lezione borrominiana, ciclo di quattro conferenze tematiche ideate da Paolo Portoghesi, in collaborazione con l’istituzione museale, l’Ordine degli Architetti di Roma e la facoltà di Architettura dell’Università “Sapienza”. Questo perché, a 350 anni dalla scomparsa, ancora si ritrova una traccia di sferzante attualità nel pensiero di Borromini, un’impronta indelebile nell’architettura contemporanea. Una legacy, un’eredità, quasi una “parentela spirituale”. Il Barocco ha infatti rappresentato prima il simbolo della corruzione del linguaggio e poi quello della liberazione dai dogmi dell’architettura, uno stimolo al rinnovamento. Moltissimi lo hanno nel tempo assimilato e preso ad esempio, sia nella sfera pratica che in quella teorica. Negli anni Quaranta, ad esempio, Sigfried Giedion nel capitolo sul retaggio architettonico del suo “Spazio, Tempo, Architettura” (ed. Hoepli, Milano) dedica a Borromini un paragrafo, soffermandosi sulla plasticità della facciata di San Carlo alle Quattro Fontane e paragonando la geometria pura della cupola di S.Ivo alla Sapienza (1642 -1660) al ritratto della madre di Boccioni (1902) come a far riferimento ad un comune, seppur differente, approccio “avanguardistico” alla scomposizione formale. Bruno Zevi, anni dopo, insisteva, invece, sull’importanza di prendere atto del simbolismo di Borromini e della sua profezia di liberazione, nel lavoro di scomposizione e ri-composizione.

Tra i contemporanei, sono in molti ad aver risentito dell’influenza del Barocco. Paolo Portoghesi afferma che sono quattro i principali punti di tangenza che rendono Borromini una figura così attuale: “ la continuità spaziale, il culto per le forme naturali – voluttuose e imperfette – il pensiero analogico e l’ importanza del simbolo e della sua semantica. In sintesi: una certa ricerca di complessità.” Tra loro: Arata Isozaki, tanto amante di Borromini da avergli dedicato un pamphlet – mai tradotto – dal titolo “Lo spazio architettonico non lineare. Dalla Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane alla Flux Structure”. Frank O’Gehry, che più di tutti ha portato Borromini nella contemporaneità progettuale, dando speciale valore alle superfici curve e ai volumi irregolari. Mario Botta, che già nel 1999, in collaborazione con l’Accademia di Architettura di Mendrisio, aveva promosso la costruzione di uno spaccato ligneo di San Carlo alle Quattro Fontane galleggiante, sul Lago di Lugano. E poi Zaha Hadid, progettista anglo irachena prematuramente scomparsa artefice proprio della struttura ospitante. Non è casuale, infatti, che lo speech sia stato organizzato al Maxxi, nell’istituzione museale più contemporanea che Roma possiede, una struttura tanto plastica e muscolare da essere – per diretta ammissione della sua progettista – grande debitrice al Barocco romano. E, infine, Santiago Calatrava, che inizia il suo intervento paragonando Borromini a Spinoza per quella loro anti-convenzionalità capace di rompere gli schemi precostituiti del pensiero. Sono molti gli esempi a cui fa riferimento Calatrava, intessendo una personalissima geografia che, partendo da teologia e politica, arriva fino all’architettura di oggi e ai suoi significati. Cita Stone Age, l’ Antico e il Nuovo Testamento, il Talmud, il monastero Escorial di Madrid, l’Alhambra di Granada, la Moschea di Cordova, Gaurino Guarini e Viollet le Duc, la White House di Washington “architettura come simbolo politico della democrazia”, i giardini di Boboli e Versailles, Piazza del Popolo e la Parigi di Hausmann. Solamente alla fine, New York, Ground Zero, la St. Nicholas Greek Orthodox Church, “contenitore dell’incontenibile” e l’Oculus, hub e mall da 36mila metri quadrati (due volte la Grand Central). Una moderna cattedrale, ispirata al Pantheon “per il suo senso del cosmico e la sua capacità di integrare il cielo in un’architettura” con un taglio vetrato che si apre esattamente due volte l’anno, alle 10:29 di mattina dell’11 settembre e del 29 marzo (l’orario è quello dell’impatto del secondo aereo sulla seconda torre). Progetti che, oltre a parlare di vita e speranza, parlano italiano: le costolature dell’Oculus infatti, sono 25 tonnellate d’acciaio provenienti da Pordenone, mentre per la chiesa i marmi arrivano direttamente dalle Alpi.