Città portuali e waterfront urbani: un dialogo che trae forza dalla complessità

 

di Redazione OAR

Particolarmente stimolante una riflessione critica sulla riqualificazione dei waterfront urbani, linee di demarcazione tra terra ed acqua e luogo simbolo di stratificazioni culturali profondamente insiti nella sensibilità civica e storica di ogni italiano.

Tuttavia è divenuto un tema di grande attualità a livello internazionale, per le grandi potenzialità che questi spazi fluidi offrono al recupero funzionale ed alla trasformazione urbana.

“In Italia è molto difficile attuare programmi di riqualificazione dei porti perché, invece di essere delocalizzati come a Barcellona o Londra, essi sono inseriti nel tessuto urbano”, osserva Rosario Pavia, Professore dell’Università degli Studi di Pescara G. D’Annunzio. “Riportare le città ad affacciarsi sul mare avendo porti in attività che non possono subire interruzione è un’opera titanica. Taranto e Napoli, infatti, procedono lentamente. Avremmo potuto investire più energie nella riflessione della città del futuro e sul suo rapporto con l’acqua”.

Il 17 giugno, presso l’Autorità di Sistema Portuale di Civitavecchia, si parlerà proprio di “Waterfront urbani e portuali – Quali prospettive per i porti e le città?”, consapevoli dell’esistenza di una forte connessione tra i destini delle città portuali e gli strumenti di pianificazione urbana.

La tematica è molto complessa sia per i molteplici attori coinvolti (tra cui Amministrazione Comunale, l’Autorità Portuale, Provincia, enti detentori dei vincoli, ecc..), ognuno con il proprio livello di competenza, sia per l’articolazione delle discipline chiamate ad interagire: nella rigenerazione urbana dell’interfaccia terra – acqua si devono fondere in un unico progetto esigenze logistiche, infrastrutturali, sociali, economiche, di accessibilità, di sicurezza, di comfort, di relazione.

Passando in rassegna le esperienze italiane, Pavia intravede solo a Genova (e forse a Trieste) una valorizzazione dell’ambiente urbano – portuale, in cui moli e banchine sono stati connessi al centro storico attraverso una passeggiata. Anzi il processo di rigenerazione e recupero del Porto Vecchio ha innescato un meccanismo di rinnovamento del nucleo storico.

E sul futuro della relazione tra città portuale e waterfront urbano Pavia scorge una possibile apertura: “Oggi non è più possibile delocalizzare i porti per mancanza di territorio. Bisogna piuttosto potenziare ciò che si è realizzato nel tempo, attraverso piani regolatori di sistemi portuali che tengano in considerazione i vincoli, ma che considerino il porto stesso un paesaggio. Abbiamo bisogno che i waterfront tornino ad essere spazio pubblico e, come tale, di proprietà della cittadinanza.”

Il che non vuol dire consentire a navi grandi come palazzi di lambire le nostre coste. “E’ una follia che prima o poi verrà soffocata”, commento Pavia. Piuttosto si deve concepire il dialogo città – porto come un intreccio di interconnessioni multidisciplinari, un’immagine complessa che coniuga diversi simboli e funzioni, nell’evoluzione di un processo in continuo divenire.

(GV)