Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti 28 febbraio 2017 , n. 58 – Modifica
Gentili Presidente e Consiglieri,
in questi giorni si è acceso il dibattito, da parte di moltissimi colleghi, sul Provvedimento che ha modificato il precedente Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti 28 febbraio 2017, n. 58. Nello specifico, l’intervento ministeriale ha visto la modifica dell’articolo 3, comma 1, che, nella nuova versione, recita:
“1. L’efficacia degli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico è asseverata dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, direzione dei lavori delle strutture e collaudo statico secondo le rispettive competenze professionali, e iscritti ai relativi Ordini o Collegi professionali di appartenenza.”.
Premesso che non possiamo non restare colpiti dalla superficialità con la quale il Ministero ha gestito l’intera vicenda, cedendo ad una logica semplicistica in cui prima l’asseverazione era riservata ai soli professionisti laureati e, con l’atto sopra riportato, cedendo ad alcune proteste faziose (ovviamente i tecnici diplomati sono subito insorti riguardo al provvedimento, a loro dire, restrittivo), “aprendo” così a tutti con la facile locuzione: “secondo le rispettive competenze professionali”; espressione che, negli anni, è stata alla base di moltissimi problemi delle professioni tecniche.
Il tema delle competenze è una ferita aperta in un paese, il nostro, in cui nessuno si assume la responsabilità di decidere lasciando al potere giuridico di legiferare a colpi di sentenze che, di volta in volta, aggiungono interpretazioni e pareri ai temi affrontati.
Certamente è necessario ricordare che stiamo agendo in un “contesto sismico” e che tale condizione introduce delle limitazioni ben chiare. Senza richiamare la copiosa giurisprudenza sul tema delle competenze, riteniamo opportuno ricordare solo un atto del Consiglio di Stato che non è la “solita” sentenza (che per sua natura si attaglia al caso di specie) ma un parere, il n. 2539 emesso il 4 settembre 2015, nel quale i Giudici di Palazzo Spada rispondono a due fondamentali quesiti sulle competenze progettuali sia riguardo alla realizzazione di strutture in zona sismica, che rispetto all’uso di cemento armato. Il parere del Consiglio di Stato ripercorre interamente l’ormai infinita querelle sulle competenze professionali, riassumendo le diverse interpretazioni date sull’argomento dai vari tribunali amministrativi.
Secondo i Giudici di Palazzo Spada, per risolvere il tema delle competenze progettuali dei geometri in tema di strutture in cemento armato e/o in zona sismica, è necessario “individuare un principio regolatore, che deve sovrintendere all’esercizio delle competenze dei vari ordini professionali”; principio individuato nel “pubblico e preminente interesse rivolto alla tutela della pubblica incolumità”.
Il Consiglio di Stato, in un passaggio del richiamato parere, chiarisce che: “… non si può rinunciare alla competenza tecnica in ordine all’effettuazione dei calcoli ed alla direzione dei conseguenti lavori per i conglomerati cementizi, specificatamente connessa alla funzionalità statica delle opere in cemento armato, non può, tuttavia, non essere mantenuta in capo al geometra la possibilità di procedere alla semplice progettazione architettonica delle modeste costruzioni civili”.
Ma, proprio per rafforzare il ruolo dei tecnici laureati, i giudici, in un altro passaggio del parere, sottolineano come sia necessario “evitare comportamenti elusivi”, ossia non basta la controfirma sui calcoli del progetto da parte di un ingegnere o di un architetto. In pratica “l’incarico non può essere affidato al geometra che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità”, riconoscendo così un ruolo rilevante solo ai tecnici laureati.
Per le opere civili in zona sismica, poi, i giudici chiariscono che “con l’uso del cemento armato si esclude di per sé che la costruzione civile possa ritenersi modesta”, ragion per cui “il professionista capofila non potrà che essere l’ingegnere o l’architetto”.
Chiarito tutto questo, l’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia, esprime tutta la sua perplessità su una terminologia così vaga (“secondo le rispettive competenze professionali”) che sicuramente si presta all’interpretazione del momento e del tecnico di turno, generando così possibili fraintendimenti e futuri contenziosi.
Crediamo sia opportuna e necessaria una posizione univoca e per questo chiediamo al Consiglio Nazionale di intervenire su una vicenda che certamente non ci vede protagonisti visto che la semplice rimostranza dei geometri e dei periti ha visto un così repentino cambio di fronte del Governo e nessuna nostra posizione sui media, almeno di quelli di settore.
Auspichiamo che si redigano circolari apposite che indichino i campi di appartenenza, che chiariscano le famose competenze (almeno sul tema dell’intervento in zone sismiche), al fine di evitare che si continui nell’ambiguità e nell’incertezza che l’interpretazione lascia discrezionalmente ai fruitori della norma.
Riuscire a fare chiarezza su queste norme, sulla loro interpretazione, deve essere l’obiettivo condiviso del nostro lavoro; la semplificazione – obiettivo per tutti noi prioritario – non si ottiene solo intervenendo sull’asfissiante burocrazia ma si raggiunge anche con leggi chiare e certe, applicabili senza cavilli, ammennicoli legali o valutazioni personali e soggettive.
Il Segretario
Architetto Aldo Olivo
Il Presidente
Architetto Alessandro Ridolfi