Hashim Sarkis: l’uomo della Biennale di Architettura 2020

 

di Redazione OAR

La Biennale di Venezia ha da poco affidato a Hashim Sarkis, Preside della School of Architecture and Planning al Massachussetts Institute of Technology (MIT), la 17esima Mostra Internazionale di Architettura del 2020.

Sarkis non è nuovo alla Biennale Architettura, anzi. E’ stato membro della giuria internazionale nel 2016 e, con il suo studio Hashim Sarkis Studios (HSS), fondato nel 1998, ha partecipato al Padiglione Stati Uniti nel 2014 ed al Padiglione Albania nel 2010.

Paolo Baratta, Presidente del Cda della Biennale di Venezia, ha così commentato la nuova  nomina: “Con Hashim Sarkis, la Biennale si dota di un Curatore particolarmente sensibile ai temi e alle urgenze che la società, nelle diverse contrastanti realtà, pone per il nostro abitare”.

Ed in effetti il tema caro a Sarkis risulta essere la complessità dell’architettura in relazione alle dinamiche sociali in cui essa è calata. Crede fermamente nella capacità delle costruzioni di progettare un nuovo mondo e di ispirare nuovi modi di abitare, oltre ad affidare un ruolo dinamico alla progettazione, capace di innescare meccanismi propulsivi verso una realtà migliore.

Quattro i principi alla base della sua filosofica professionale che cerca di indagare sulle problematiche dell’architettura contemporanea ed in particolare dell’abitare.

Architecture as World: ogni edificio è come il mondo o come una parte di esso, con le sue bellezze e le sue regole, ma tende sempre più a dilatare i suoi confini per incontrare ed affrontare il suo contesto, ridisegnando così una nuova relazione spaziale ed una nuova geografia capace persino di mutare la curvatura della terra, se fosse possibile.

Intense Edges, Open Spaces: l’architettura deve agire come una struttura sui cui confini il design deve applicarsi. Tuttavia si innesca un doppio livello funzionale per cui i bordi si intensificano elevandosi a supporto degli spazi esterni, ma allo stesso tempo ciò che è fuori si sottodimensiona per incoraggiare i fruitori ad immaginare l’abitare all’interno dei confini.

New Inhabitation: La sequenza di spazi previsti in un’architettura non è detto debba essere mantenuta intatta, anzi la sua progettazione può essere spunto di riflessione per incoraggiare nuove abitudini.

New Eyes: Nuovi occhi per abitare in un modo diverso e spingere l’architettura a cercare nuovi significati. Aprirsi alla ricerca ed alla soddisfazione di nuove esperienze per un’architettura che sia acquisita e mai imposta. Andare al di là di sistemi proporzionali, vincoli strutturali e questioni empiriche, in cui gli occhi continuino a leggere numeri, ma le menti elaborino la calibrazione finale. Sarkis disegna il concetto di architettura come una superficie su cui si possano scambiare segni multidisciplinari, di cui essa stessa ne incoraggia l’espressione senza erigersi a presenza egemone.

Un’idea di architettura che, come una spirale, si apre verso l’esterno e si chiude per guardarsi dentro, crescendo in una dinamica di dare ed avere tra il dentro il fuori, in cui la differenza la fa l’essere umano che con il suo agire, nell’ottica delle sinergie umane, determina il reale valore del costruito.

Da qui si parte per la Biennale di Venezia 2020, che attenderemo con curiosità ed interesse, certi che sarà una preziosa occasione per riflettere sull’architettura contemporanea e sulla sua complessa ambizione di saper leggere l’umanità.

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(http://www.hashimsarkis.com)