di Redazione OAR
Progettare e costruire edifici privati, di diversa dimensione e destinazione, dallo studio di architettura al capannone industriale, fino al complesso residenziale, ottimizzando tutto il processo realizzativo. Ristrutturare l’esistente, azzerando i costi dell’errore attraverso l’uso delle tecnologie digitali, e affrontare il banco di prova delle opere pubbliche a partire da piccoli casi concreti. Ma anche avere la possibilità, una volta chiusi i lavori, di gestire vita e uso degli immobili realizzati, in termini – ad esempio – di consumi energetici, manutenzione, sicurezza.
È il campo d’azione nel quale, in questo momento, si muove chi utilizza il modello di progettazione in Bim, l’ambiente digitale in 3D che garantisce massima integrazione lungo l’intero processo edilizio e che è destinato a diventare – come in molti Paesi all’estero – lo standard di riferimento per il mercato delle costruzioni. Dal 1° gennaio, l’impiego del building information modeling è divenuto obbligatorio negli appalti pubblici per opere oltre i 100 milioni di euro (DM 560/2017), soglia che calerà nei prossimi anni, fino ad arrivare, dal 2025, a riguardare anche i lavori sotto il milione di euro.
A livello nazionale sono sempre di più gli esempi di opere progettate e (non sempre) costruite in Bim, e anche sul territorio capitolino non mancano interventi – completati, in fase di cantiere o di prossima realizzazione – incentrati sulla modellazione digitale 3D. Uno degli studi romani più attivi su questo fronte – che dalla sua nascita realizza i propri progetti esclusivamente in Bim – è It’s, società di architettura con sedi a Roma, Ginevra e Parigi, fondata nel 2016 da Alessandro Cambi, Francesco Marinelli e Paolo Mezzalama. I tre architetti hanno iniziato a lavorare con il building information modeling già durante la loro precedente esperienza in Scape, lo studio che ha realizzato – tra l’altro – il Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara (progettato in Bim), iniziato nel 2011 e finito cinque anni dopo.
“Il Meis è stato il nostro primo grande banco di prova sul Bim – afferma Mezzalama -. Oggi, il nostro è un laboratorio di ricerca e innovazione: crediamo che nella fase attuale si possa riformulare la dimensione della professione di architetto, restituendogli centralità, in funzione di alcuni elementi chiave, tra cui l’ibridazione tra discipline. Il Bim è sfruttato al meglio proprio se si uniscono tutti i tasselli della filiera, dall’idea progettuale alla gestione”. Per It’s, che al proprio interno ha un “Bim Team” consolidato, lavorare in ambiente digitale 3D è la prassi. “Tutti i nostri edifici, sia in Italia che all’estero, nascono e si sviluppano in building information modeling”, rimarca il progettista. L’evoluzione dello studio ha portato alla costituzione, nel 2015, di una specifica realtà di ricerca e sviluppo sul Bim, Parallel Digital, che sta lavorando (Bim management), tra l’altro, a Ginevra, sia su una parte del complesso Onu che sulla sede Rolex.
Un breve excursus sugli ultimi lavori di It’s a Roma e dintorni offre un interessante spaccato sullo stato dell’arte della progettazione in chiave Bim sul territorio cittadino. Innanzitutto, c’è la nuova sede di It’s e hub d’innovazione nel comparto ex industriale a ridosso della stazione Tiburtina, a Portonaccio, progetto vincitore del Bim&Digital Award 2017 (categoria “piccoli progetti”): una struttura ideata, costruita e gestita interamente in Bim (in tutte le fasi) con uso innovativo della prefabbricazione (legno). Poi c’è l’intervento appena completato per la nuova sede di Confcooper in via Torino, a Roma, uno dei primi esempi di ristrutturazione di un edificio esistente nel tessuto storico della città incentrato sul Bim e su tecnologie come il laser scanner. Un progetto in corso riguarda, invece, un edificio residenziale all’EUR (sostituzione edilizia), con la nuova costruzione che si ispira ai principi dell’active house (comfort, ambiente, energia). Restando nel Lazio, infine, Parallel Digital, si è occupata di digitalizzazione e modellazione Bim del centro Amazon a Passo Corese (Rieti) insieme a Jacobs Engineering.
I lavori realizzati sul territorio romano, sottolinea Mezzalama, “sembrano fatti apposta per sfatare alcuni luoghi comuni sul Bim. Primo, non è vero che il modello funziona solo in fase esecutiva: un progetto deve nascere in Bim per dare il massimo. Secondo, il Bim non funziona solo con progetti di grande dimensione: è utilissimo anche su opere piccole e semplici. Ancora, non è vero che non si applica all’esistente: anzi, in questi casi incrementa la precisione, eliminando una grande quantità di varianti in corso d’opera. Ora, la sfida è utilizzare il modello nel facility management: dove ci sono enormi opportunità”. Al momento, a Roma, conclude l’architetto, “sono i privati, soprattutto chi ha lavorato all’estero, a spingere sul Bim; il pubblico arranca, ma si dovrà partire per forza, iniziando da piccoli test, come potrebbe essere anche un concorso per un asilo”.
Dialogo aperto con gli studi romani. La redazione OAR si confronta sul futuro della professione raccogliendo e raccontando progetti e riflessioni degli #architettiromani
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It’s hub
Nuova sede Confcooper
Edificio residenziale all’Eur Active House