Rigenerazione urbana, sfida prioritaria per la città del futuro

Il punto di vista dello studio Alvisi Kirimoto, dalle “periferie” al centro

di Redazione OAR

Puntare su riqualificazione e rivitalizzazione di interi “pezzi” di città, di immobili dismessi o abbandonati, ma anche sul ripensamento di infrastrutture e mobilità in chiave innovativa: la rigenerazione urbana, dalle periferie ai quartieri storici, è una sfida prioritaria per il futuro delle città. E lo è, in modo particolare, a Roma, con le sue periferie – tante, diverse e disconnesse tra loro – e i cantieri bloccati da anni anche nel centro urbano.

Un intreccio complesso di situazioni in cui la priorità è intervenire, ma con strategie puntuali. Le aree periferiche di Roma, infatti, sono contraddistinte da situazioni molto differenti: dall’Alessandrino – per fare un esempio – dove occorre agire sulla fruibilità di strutture e spazi, al Ponte di Nona, dove invece sono necessari interventi sul fronte della qualità delle connessioni. Allo stesso modo, in centro, progetti di riqualificazione – per i quali si è fatto anche ricorso a concorsi di progettazione – come quelli dell’ex Caserma Guido Reni, nel quartiere Flaminio, o dei Mercati Generali, a Ostiense, sono rimasti ostaggio di procedure intricate e incertezze.

Sono temi che abbiamo affrontato con Massimo Alvisi di Alvisi Kirimoto Architects, studio – con sede in Viale Parioli – fondato nel 2002 insieme a Junko Kirimoto, che si è occupato più volte di rigenerazione urbana, spesso in ambito periferico e su diverse scale, sia a livello nazionale che all’estero.“La rigenerazione urbana – afferma – è un tema è complesso, che chiama in causa questioni sia di carattere architettonico che strategico. Da una parte, oggi, Roma ha bisogno di affrontare il tema delle sue ‘periferie’ in modo radicale, attraverso la realizzazione di spazi pubblici: riqualificando edifici, ambiti urbani, spazi interstiziali. Dall’altra, c’è il bisogno di “fecondare” le periferie stesse attraverso biblioteche, musei, spazi per la musica, piazze, luoghi ibridi, anche piccoli, che possano essere trasformabili, più flessibili possibile, e diventare punti di incontro e aggregazione”. A questo tipo di interventi è strettamente connesso il fronte infrastrutture. “La città ha bisogno di mettere in rete tra loro i diversi ambiti periferici. Può sembrare un argomento meno architettonico, ma non è così. Si pensi alla metropolitana di Napoli. Qualcosa si sta facendo, come per la metro C, ma con tempi molto lunghi”.

Importanti, allo stesso modo, sono gli interventi nel centro cittadino. “E’ una sfida che bisogna sapere affrontare, anche in termini di tempistiche – osserva Alvisi -: le trasformazioni richiedono processi lenti, ma non improponibili: non ci possono volere vent’anni”. Il pensiero del progettista va, ad esempio, al concorso – avvolto nell’incertezza – per l’ex caserma Guido Reni, nel quartiere Flaminio, di fronte al Maxxi, “un’area che è epicentro culturale della città”. Allo stesso modo, non si possono continuare a negare riqualificazioni come quella dei Mercati Generali, a Ostiense. Oggi a Roma “sappiamo cosa serve, ci sono tanti progetti, ma bisogna portarli avanti e dare certezze per gli investimenti”.

Tornando alle periferie romane l’architetto racconta – a titolo esemplificativo – il progetto a Grotta Perfetta, uno dei bandi del concorso “meno è più” che lo studio Alvisi Kirimoto si è aggiudicato nel 2007 e che sembra arrivato, dopo circa 12 anni, a un punto di svolta: ”Gara affidata con appalto integrato – rivela Alvisi -: partono, quindi, i lavori per realizzare, tra l’altro, un asilo nido, una biblioteca, un centro civico, un parco”. Altro progetto al quale lo studio si è dedicato (insieme a Diller Scofidio) è quello per il Campus Biomedico, a Trigoria: concorso privato – per il quale la commissione giudicatrice è al lavoro – che prevede, oltre all’estensione di ospedale e campus, la rivitalizzazione dell’ambito periferico.

Lo studio romano, che in chiave rigenerazione ha lavorato sia in Italia che all’estero – dalla Fondazione Prada a Milano, come partner del progetto firmato da Rem Koolhaas, alla trasformazione (da deposito scene a centro e scuola teatrale) dell’Aleksandrinskij Theatre, a San Pietroburgo – ha partecipato anche all’esperienza di Casa Italia e, in particolare, al progetto, promosso da Renzo Piano e dal gruppo di lavoro G124, per la realizzazione di dieci prototipi che potessero rappresentare un modello per la messa in sicurezza antisismica di edifici pubblici esistenti. Tra i dieci comuni scelti in Italia c’era anche Sora, nel frusinate. “Qui, è stato predisposto il prototipo di una scuola innovativa e, nella stessa area, abbiamo consegnato il progetto di riqualificazione, con adeguamento ai criteri di sicurezza sismica, di un immobile residenziale pubblico”

Dialogo aperto con gli studi romani. La redazione OAR si confronta sul futuro della professione raccogliendo e raccontando progetti e riflessioni degli #architettiromani

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