Viaggio ai confini del design con Mario Bellini: dagli oggetti cult agli spazi per il lavoro

Il designer milanese racconta sessant’anni di carriera - Galimberti presenta il nuovo Museo Adi a Milano - Focus sulla progettazione dei luoghi di lavoro

di Redazione OAR

 

Prodotti e forme divenuti icone dell’immaginario collettivo. Entrati nell’uso quotidiano delle persone, nelle case, negli uffici. Capaci di ridefinire i modelli di produzione e il modo stesso di rapportarsi agli oggetti di uso comune così come agli spazi della vita quotidiana. E’ una fotografia dei circa sessant’anni di attività di Mario Bellini, star del design italiano nel mondo, protagonista della lecture della sessione pomeridiana della sesta giornata tematica di Spam, dal titolo “Ai limiti del design”, alla quale hanno partecipato anche Luciano Galimberti, presidente di Adi, e – in un interessarne Incontro 1vs1 dedicato alla nuove frontiere della progettazione per i luoghi di lavoro – Arianna Palano, architetto di Il Prisma e Cristina Cancer di Adecco.

Bellini: Sono le persone a disegnare le città

“Il design ci avvolge e determina la qualità e il livello di soddisfazione, ovunque. Tutto è design”. E’ stato l’assunto al centro della giornata, che ha provato a indagare sui confini tra design, architettura, tecnologia. A fornire una molteplicità di chiavi di lettura, in questo senso, è stato Mario Bellini, architetto di fama mondiale che per la prima volta – dopo avere presentato i propri progetti ad ogni latitudine – ha tenuto una lecture a Roma. Nel corso della quale ha ripercorso la sua lunghissima carriera, dagli inizi fino ad oggi, raccontando la genesi dei tanti prodotti dal successo planetario: dalla nascita dell’idea al suo sviluppo, dalla creazione dei prototipi alla produzione. Sottolineando il ruolo decisivo – accanto alla genialità e alle intuizioni del designer – della committenza e dello spirito di collaborazione di tutti i soggetti coinvolti (“in Italia ho sempre trovato disponibilità a trovare soluzioni tecniche e produttive per realizzare le mie idee, all’estero, spesso, non è così”, ha detto).

Cassina, Olivetti, Artemide, Kartel sono solo alcuni dei committenti con cui Bellini ha lavorato. Lunghissima la lista dei prodotti realizzati, divenuti icone del design: dal tavolo minimalista che ha vinto il Compasso d’Oro nel 1962 alla “932”, prima poltrona per Cassina, dal  “Programma 101” (1965) per Olivetti, primo Pc disegnato, alla lampada “Chiara” per Flos del 1969 (“che torna di nuovo in produzione”), solo per restare nei primi 15 anni di attività.

A Spam Bellini ha anche espresso il suo pensiero sulle città dei sogni, le dreamcity: “Secondo me le città non si fanno prendendo un foglio di carta e cominciando a immaginarle e disegnarle – ha detto l’architetto milanese -. C’è solo un esempio che ha funzionato Chandigarh, in India, immaginata da Le Corbusier, con edifici da lui stesso progettati. Con il tempo gli abitanti l’hanno riempita, rendendola una città vitale. Normalmente, però, le città ideali sono destinate a non stare in piedi, a fallire, perché la città è il frutto di una comunità che la disegna, vivendo, la immagina e le fa da propulsore. Le persone sono l’elemento propellente dei centro urbani”.

Galimberti: design italiano compressibile a tutti           

A partecipare all’appuntamento informale di “Un Caffè con…” è stato Luciano Galimberti, presidente Adi, che ha sottolineato la “non autoreferenzialità” del design italiano. “E’ spesso facile riconoscere i design tedesco, francese, americano, perché hanno stilemi linguistici molto precisi. Il design italiano, invece, non ha un linguaggio unico”. Inoltre, si distingue per l’atteggiamento progettuale: “Siamo più comprensibili per il resto del mondo perché non ci limitiamo a disegnare le forme di un oggetto ma entriamo in relazione con la sua fruizione, con la storia, con la contemporaneità. Io dico sempre che non progettiamo forme ma relazioni, mettendo al centro l’uomo e le sue esigenze. Che sono le stesse in Cina piuttosto che in Italia

Luciano Galimberti ha poi raccontato come sarà il nuovo Adi Design Museum Compasso d’Oro, a Milano, in apertura il prossimo aprile: sarà il primo luogo fisico dedicato alla vasta collezione di prodotti che dal 1954 hanno ottenuto il premio.

Design e tecnologie per i workspaces

Ad un focus sul design dei luoghi di lavoro è stato è stato dedicato l’incontro 1vs1: Arianna Palano, de Il Prisma, studio di architettura specializzato, tra l’altro, nella progettazione di workspace e Cristina Cancer di Adecco hanno raccontato la collaborazione per Phyd, piattaforma digitale messa a punto dal gruppo specializzato nella selezione del personale e mirata a affiancare studenti e professionisti nella costruzione del proprio percorso formativo, professionale e personale, sviluppando nuove competenze e aggiornando quelle già acquisite. Il progetto potrà contare, entro i prossimi mesi, anche su uno spazio fisico dedicato, nel cuore di Milano – PhydLand, progettato da Il Prisma -, che diventerà un “contenitore d’innovazione”, per la condivisione di esperienze e conoscenze, e che ospiterà corsi, workshop, talk ed eventi.

Lavorare su uno spazio fisico dove si svolgono attività di lavoro o formazione – ha spiegato, in generale, Arianna Palano – offre a una impresa l’opportunità di ragionare su molti aspetti: dalla riorganizzazione aziendale alla comunicazione, fino all’introduzione delle tecnologie più aggiornate, spesso, paradossalmente, ancora arretrate negli spazi di lavoro. Proprio l’aspetto tecnologico, per noi designer, può ampliare in modo esponenziale la parte di progetto, creando experience innovative nella fruizione degli spazi di lavoro, ma anche commerciali”. (FN)

 

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