Comunicazione

Legge di bilancio 2018  –  “stop” dei pagamenti in contanti degli stipendi.

A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

  1. bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
  2. strumenti di pagamento elettronico;
  3. pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  4. emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un   familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.

I datori di lavoro o committenti NON possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

Per rapporto di lavoro si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142. La firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

Le disposizioni della citata legge non si applicano ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a quelli di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339, né a quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Al datore di lavoro o committente che viola la norma si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.