Mercoledì 21 novembre è venuto a mancare il nostro collega Valter Bordini, i funerali saranno celebrati sabato 24 alle ore 15 in Santa Croce in via Guido Reni (adiacente al MAXXI)
Bordini Valter
“Nessuno può pensare di esorcizzare l’inquietudine provocata dal moderno frantumarsi delle certezze recuperando valori ormai perduti o utopie della nostalgia.
Tuttavia percepiamo come la necessità dell’espressione creativa e l’insostituibile ruolo dell’immaginazione siano fonte di ogni innovazione artistica e scientifica.”
Valter Bordini nasce a Roma nel 1935 e qui si laurea nel 1963 alla Facoltà di Architettura. Consegue l’abilitazione all’esercizio della professione nello stesso anno ed il successivo si iscrive all’Albo dell’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia con la matricola n. 1587.
La carriera accademica nella Facoltà di Architettura dell’Università di Roma “Sapienza” prende avvio subito dopo la laurea come assistente volontario e coordinatore di molti seminari, collaborando strettamente con docenti quali Carlo Aymonino, Carlo Chiarini, Franco Berarducci ed altri. La libera docenza arriva nel 1971, dopo aver sostenuto l’esame con una Commissione composta da Carlo Scarpa, Ignazio Gardella, Gino Levi Montalcini, ed altri.
Contemporaneamente insegna Architettura e Disegno geometrico al Liceo Artistico – Accademia di Belle Arti di via Ripetta dove partecipa, con Piero Guccione, alla Giunta presieduta dall’autorevole Luigi Montanarini.
Sono questi anni caratterizzati da vivacità nel dibattito culturale e da studio intenso e produttivo, alimentati da idee in fermento e confronti continui, a volte anche confusi, ma sempre vivaci e proficui. Dibattiti animati da artisti come, tra gli altri, Piero Guccione, Gastone Novelli, Sante Monachesi, Giuseppe Carrino, Nino Cordio, Beppe e Virgilio Guzzi che avvenivano spesso in occasione del mostre tenute alla Nuova Pesa, al Gabbiano e, soprattutto, nella trattoria “Il Bottaro”.
Nel 1972 diventa assistente ordinario del Corso di Progettazione Architettonica e, contemporaneamente, professore ordinario al liceo e sceglie di proseguire il percorso di docenza universitaria, anche perché in via Ripetta “il clima stava cambiando: i docenti migliori stavano lasciando le cattedre e si avvertiva l’inizio di un declino che si percepiva inarrestabile.”.
La libera professione dei primi anni lo vede progettista accanto ai docenti dei quali è collaboratore all’Università e ai giovani colleghi con i quali nel 1962, ancora studente, ha fondato il GRAU (Gruppo Romano Architetti Urbanisti). Sono gli anni dei primi concorsi, dove non mancano i riconoscimenti e si pongono le basi per future collaborazioni che dureranno negli anni, come nel caso del sodalizio con Chiarini con il quale, fino al 1981 condivide lo Studio in viale Mazzini a Roma. Con loro anche Fiamma Dinelli, compagna di lavoro e di vita, con la quale condivide molte delle esperienze progettuali dal 1981 in poi nel nuovo Studio in via G. Reni.
Sono anni intensi che lo vedono impegnato su diverse tematiche non mancando l’edilizia residenziale, gli edifici pubblici a destinazione collettiva, le consulenze specialistiche, le sistemazioni urbane e edilizie come la ricostruzione dell’intero paese irpino di Conza della Campania, distrutto dal sisma dell’81 e ricostruito in altro sito. Ma si fa notare soprattutto la partecipazione a concorsi nazionali ed internazionali che hanno spesso esiti positivi, con la collaborazione con colleghi di chiara fama.
Ed in collaborazione con i colleghi Alessandra De Cesaris e Lorenzo Mattioli nel 1995 risponde all’invito della Triennale di Milano ad elaborare una proposta sul tema Il Centro altrove. Periferie e nuove centralità nelle aree metropolitane; progetto questo, sviluppato con un sistema polifunzionale spezzato di costruzioni lineari sull’area di Sesto S. Giovanni, che si ricorda anche per gli apprezzamenti e i riscontri favorevoli ricevuti.
Contemporaneamente prosegue intenso il suo impegno nella Facoltà di Architettura dove è professore ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana. La sua didattica, basata su tematiche che sviluppa e approfondisce fino alla forma finale anche con la sua attività professionale, è incentrata sull’obiettivo di aprire le porte dell’Istituzione, e le menti dei futuri architetti, al mondo esterno; tra le altre iniziative in tal senso si ricordano, negli anni 1993-99, i concorsi per studenti Tre stazioni fluviali su un Tevere navigabile(1993), che promuove da Presidente della Commissione didattica e Due ponti pedonali sul Tevere (1999), entrambi conclusi con mostra e pubblicazione del catalogo.
Da Direttore del Dipartimento di Caratteri degli Edifici e dell’Ambiente (DICEA) dal 1995 al 2001, quindi del Dipartimento di Caratteri dell’Architettura, Valutazione e Ambiente (CAVEA) dal 2001 al 2007 ed allo scopo di innescare sinergie costruttive tra mondo accademico ed Istituzioni a favore di un’attività di trasformazione urbana consapevole e partecipata, coordina numerose convenzioni con Pubbliche Amministrazioni tra le quali Regione Lazio e i Comuni di Roma, di Fiumicino, di Matera e di Valmontone e l’Ateneo di Roma “Sapienza”. In questo ambito si inquadrano il workshop del 2006 sul progetto dei servizi alla navigazione sulla nuova darsena di Fiumicino, con mostra e pubblicazione del catalogo patrocinati dal Comune. Allo stesso modo l’anno successivo si conclude la proposta di rifacimento di piazza A. Moro a Pomezia (Roma) elaborata nel Corso di Progettazione da lui tenuto al Polo universitario di Pomezia. L’attività di questi anni del DICEA, poi CAVEA, ha la sua voce ufficiale nella rivista trimestrale A&A Architettura e Ambiente che fonda e dirige per dodici anni.
Non mancano l’organizzazione di stage e workshop sul tema dell’architettura delle infrastrutture, due master universitari di II livello e, negli anni 1994-95 e 1995-96, da Presidente del Corso di Laurea in Architettura della Prima Facoltà “Ludovico Quaroni” di Piazza Borghese l’indizione della giornata di studio dei docenti, Per la costruzione di una didattica del progetto di architettura, con atti pubblicati.
Numerose sono anche le ricerche condotte per il Ministero dell’Università e della Ricerca e per il CNR, tra le quali si ricordano Rinnovo urbano dell’area di Trastevere a Roma, Praga: la forma della città e INFRA – Architettura delle infrastrutture, quest’ultima con il ruolo di coordinatore per Roma mentre ne è coordinatore nazionale Aimaro Isola.
Altrettanto numerose sono le partecipazioni a Commissioni di concorsi nazionali ed internazionali. Tra questi, solo per citarne alcuni: l’appalto concorso per opere di miglioramento delle strutture della Fiera di Roma – Raddoppio della Sala Convegni; il Grand Prix dell’Associazione Architetti della Repubblica Ceca, il concorso di idee per la riqualificazione dell’ingresso al pubblico del Palazzo delle Finanze a Roma, il concorso per la trasformazione e rinnovo urbano dell’area di S. Lorenzo a Roma ed il concorso per la riqualificazione di viale Aventino a Roma.
La sua produzione di scritti è continua e assidua negli anni; libri, saggi, recensioni, interventi su temi urbani di attualità come Trastevere, il quartiere di San Lorenzo e in primis l’Ara Pacis, ma è importante soprattutto ricordare il libro L’architettura dell’inquietudine per i Tipi di Allemandi, sulla crisi del Razionalismo nella nostra epoca.
Negli anni d’insegnamento presiede molte Commissioni di laurea ed è più volte membro di Commissioni giudicatrici in concorsi di ammissione al dottorato di ricerca in Composizione Architettonica e in concorsi per ricercatori, professori associati e ordinari a Roma, Torino, Milano, Venezia, Napoli.
Conclude la carriera accademica da titolare del Laboratorio di Progettazione Architettonica e Urbana del V anno (sintesi finale) ed ancora con la convinzione, sempre sostenuta, che “L’architettura italiana non declina … per mancanza di architetti dotati, ma [di]una cultura adeguata a far vivere l’architettura … sempre di meno considerata necessaria. [E] mentre la qualità non è più cercata, viene a mancare sempre più l’humus in cui la qualità della città come opera d’arte collettiva può sopravvivere, e rimanere oggetto del progetto di vita di una comunità”. Ritenendo tuttavia necessario riproporre il progetto come “pensiero critico poetico”, non rinunciando a “suggerire sogni, segni, e raccontare come le favole, le narrazioni poetiche possano coesistere con la realtà e le scienze; altrimenti l’architettura rimane nella sua miseria unidimensionale utilitaristica.”
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