Gli architetti a scuola di Bim. Interazione dal progetto alla costruzione

 

di Redazione OAR

Collaborazione multidisciplinare tra tutti i soggetti coinvolti nella filiera costruttiva: dal progetto al cantiere, fino all’ottimizzazione nella gestione delle opere. Con un taglio netto dei costi dell’errore – grazie alla possibilità di valutare e gestire in anticipo le “interferenze” tra i diversi piani progettuali -, e più certezza sui tempi di realizzazione. Sono alcuni dei punti di forza che rendono sempre di più il Bim, l’ambiente digitale in 3D che garantisce la massima integrazione lungo l’intero processo edilizio, lo standard di riferimento per il mercato delle costruzioni. Non mancano tuttavia le criticità, a partire dal fatto che non tutti i tasselli della filiera appaiono pronti a recepire e valorizzare le potenzialità del building information modeling.

Sono stati questi i temi – di grande attualità per la professione – posti al centro dell’attenzione nel corso del seminario “Digitalizzazione e BIM. La collaborazione orizzontale nella fase di progettazione e costruzione”, svoltosi ieri, 17 dicembre, presso la Casa dell’Architettura. Durante l’evento – che ha avuto il coordinamento scientifico di Marco Capobianchi, responsabile del Programma Digitalizzazione-Bim dell’OAR – sono stati presi in esame specifici casi studio: il progetto in fase di realizzazione di Gioia 22, per l’ambito “progettazione”, e gli interventi compiuti di CityLife – la Torre Libeskind e la Torre Hadid -, sul fronte “costruzione”, entrambi su Milano. Le dinamiche di sviluppo del progetto nell’ambiente digitale sono state illustrate dai diversi attori chiamati in causa: architetti, strutturisti, impiantisti, imprese di costruzione.

Norme sempre più stringenti

L’adozione del modello Bim – divenuto regola in Paesi come Stati Uniti e Regno Unito, ma sempre più gettonato anche in realtà come la Francia – si sta diffondendo in Italia a partire soprattutto da grandi interventi. Lo stesso quadro normativo sta stringendo il cerchio intorno ad un utilizzo crescente del modello di progettazione digitale: basti pensare che il decreto ministeriale 560/2017 renderà obbligatorio, dal 1° gennaio 2019, l’impiego del Bim negli appalti pubblici per le opere di valore pari o superiore a 100 milioni di euro, e poi – gradualmente – a decorrere dagli anni successivi, per importi minori, fino al arrivare, dal 2025, ai lavori sotto la soglia del milione di euro.

Allo stesso tempo nascono nuove figure professionali specializzate – di particolare interesse per gli architetti – nell’ambito dei team dedicati alla gestione dei vari aspetti della modellazione 3D. L’ultima novità normativa in questo senso è stata la recente approvazione della parte 7 della norma Uni 11337, relativa alla definizione delle figure professionali che svolgono attività nel “processo Bim ”, centrale per definire le competenze dei professionisti chiamati in causa: dal Bim Manager al Bim Coordinator fino al Bim Specialist.

La rivoluzione Bim

A descrivere la portata della rivoluzione introdotta dal building information modeling per il mondo della progettazione è stata Daniela Franzosi architetto tra i fondatori di MPartner, società di “project and costruction management”, nel suo intervento di introduzione al progetto esecutivo architettonico di Torre Gioia 22, a Porta Nuova, Milano. “Il Bim – spiega – è una grandissima opportunità in quanto consente, grazie ad una gestione ottimale dei dati, di ottenere maggiore efficienza e interoperabilità tra gli attori, secondo principi di economia circolare e collaborativa. La progettazione 3D esiste da 20 anni ma si è utilizzata solo in nicchie specializzate. Oggi, invece, se ne parla nella vita di tutti i giorni. Siamo in una sorta di fase rinascimentale, con gli architetti che hanno un ruolo chiave, che trascende il ‘compitino’ di fare un buon progetto: devono essere in grado, tra l’altro, di far comprendere ai committenti il valore delle informazioni messe loro a disposizione per gestire la vita e la manutenzione degli edifici realizzati”.

Parola chiave: collaborazione

La gestione di un processo Bim non è operazione semplice e comporta un grande sforzo di collaborazione, legato soprattutto alla necessità di utilizzare e condividere una enorme mole di dati. Come ha sottolineato Omar Bianchini, Bim manager operativo nello sviluppo del modello architettonico per Gioia 22, “il progetto milanese ha richiesto l’introduzione nel sistema digitale di circa 290mila ‘oggetti’ per la sola parte impiantistica, 47mila per quella architettonica e 7mila per la parte strutturale”.  Un lavoro che passa necessariamente attraverso la definizione di un protocollo condiviso per gestire le informazioni e che, alla fine, rende possibile analizzare in anticipo tutte le “interferenze” (ad esempio gli eventuali conflitti legati al modo in cui gli impianti attraversano una partizione architettonica dell’opera) e decidere, in base a criteri pre-impostati e codificati, cosa e come risolvere a priori (e in che modo) e cosa lasciare alle fasi di cantiere.

Criticità da risolvere

Il quadro emerso è senza dubbio quello di un sistema dalle grandi potenzialità, ancora – però – non pienamente sfruttate. Con il mondo della progettazione che appare attrezzato a sfruttare, e a declinare nel concreto, i benefici dei modelli Bim, ma con la fase “di cantiere” che troppo spesso fatica a stare al passo e la committenza che non sempre comprende i vantaggi rappresentati dal Bim.

Significativo, in questo senso, il punto di vista delle imprese di costruzione. “Lavorare con il Bim non è cosa semplice – taglia corto Dario Bozzoli, direttore tecnico di Colombo Costruzioni, capocommessa nel cantiere di Gioia 22 – e la gestione del modello fa nascere una lunga serie di interrogativi”. Inoltre, “nel progetto tutto dovrebbe essere sviluppato in ambiente Bim, mentre troppe volte non è così. La cultura progettuale non si è ancora standardizzata”. Poi c’è il tema della committenza: “Molti soggetti con cui abbiamo a che fare, fondi di investimento, banche, assicurazioni, non sono interessati a questo tipo di progettazione e gestione degli interventi. E lavorare in Bim viene considerato soprattutto un costo”.

Le opportunità professionali

A fotografare le opportunità professionali – anche in termini potenziali di remunerazione – connessi all’implementazione dei modelli Bim è stato invece Andrea Vanossi, Bim manager di CMB Costruzioni, la società che ha realizzato i progetti della Torre Libeskind e della Torre Hadid di CityLife a Milano. Secondo la Bim Guide pubblicata dall’authority del settore costruzioni di Singapore – racconta – il valore aggiunto di un progetto Bim, “che permette di prevenire e risolvere in anticipo le criticità, tagliando i costi dell’errore, avrebbe già trasferito una parte delle spese dalla fase di costruzione a quella di progettazione preliminare ed esecutiva, garantendo un aumento di circa il 5% per le tariffe dei progettisti. Senza contare, in prospettiva, la progressiva crescita delle opportunità lavorative legate alla nascita di veri e propri dipartimenti Bim, non solo per la realizzazione di grandi opere: qui gli architetti avranno molto spazio in ruoli di coordinatore, manager, specialist nella gestione dei modelli digitali”.