Intervista al designer – che ha firmato, tra l’altro, la nuova 500 – Head of Heritage del Gruppo FCA e presidente Isia Roma: sarà il 6 dicembre alla Casa dell’Architettura
di Redazione OAR
“Spesso capita che si acquisisca una sorta di familiarità con oggetti e servizi. O che si radichi l’abitudine a compiere determinati gesti. Ci sono occasioni, tuttavia, in cui è bello cambiare. E, quando si cambia, è quasi sempre per colpa di un designer”. A dirlo è Roberto Giolito che, dopo una carriera di trent’anni da designer, giunta nel 2011 alla direzione del Centro Stile Emea del Gruppo Fiat Chrysler Automobiles, svolge oggi la funzione di Head of Heritage, occupandosi del coordinamento del patrimonio storico automobilistico dell’azienda.
Creatore di alcuni dei modelli di maggiore successo degli ultimi anni – è lui, solo per fare un esempio, ad aver disegnato la pluripremiata Fiat 500 del 2007 (nella gallery alcuni dei suoi modelli più famosi) – ci ha raccontato alcuni dei principi alla base del suo modo di lavorare e la sua visione sul mondo del design, dalla produzione alla formazione, fino agli elementi che più hanno inciso negli ultimi anni sull’attività dei designer. Il prossimo 6 dicembre sarà alla Casa dell’Architettura per l’evento dedicato all’Isia di Roma, primo istituto universitario pubblico di design in Italia, di cui è presidente.
Partiamo dalle sue creazioni, note e apprezzate a livello mondiale: ci indichi qualche criterio di base per disegnare un’automobile di successo…
I concetti chiave da cui partire quando si parla, oggi, di design automobilistico (e non solo), sono: innovazione, identità e usabilità. Il primo perché le automobili rappresentano da sempre la possibilità di rendere l’innovazione tecnologica alla portata di tutti. Ad esse è connessa un’aspettativa di progresso e modernità. Nel corso della mia carriera, in particolare, mi sono sempre occupato di vetture che coniugassero la sperimentazione con il concetto di ‘work cars’. Poi c’è l’identità, qualunque essa sia, che dà corpo e sostanza alla riconoscibilità di un prodotto, lasciando intravedere il ‘ceppo’ di origine: altrimenti si corre il rischio di perdersi ed essere costretti a fare marcia indietro. Infine, è diventato sempre più centrale il concetto di usabilità, che significa studiare i comportamenti delle persone e creare prodotti che, meglio di quelli esistenti, si adattino alla vita in continua evoluzione. In quest’ottica, si potrebbe estendere al campo delle automobili la pratica di generare ‘versioni beta’, nell’accezione utilizzata dagli sviluppatori di software, per sondare i mix giusti e tarare i contenuti sulle esigenze reali delle persone.
Cosa ha inciso di più sul mondo del design negli ultimi anni, in particolare nel settore delle automobili?
Oggi la soddisfazione e l’appagamento risiedono soprattutto nell’uso di un prodotto. Nel settore automobilistico, quello che conta è – sempre di più – l’esperienza che deriva dall’utilizzo di una vettura. In questo senso, negli ultimi dieci anni, il tema su cui si è lavorato di più è nella integrazione dei sistemi infotelematici. La possibilità di fruire, quando si è in auto e senza creare turbamento alla guida, dei strumenti che si utilizzano abitualmente in treno o in aereo, ha condizionato molto lo sviluppo dei veicolo e ha restituito grande importanza al design degli interni. Obiettivo: la ricerca dell’interfaccia per consentire il controllo di tante funzionalità ormai integrate nel progetto di un’auto, dall’infotainment all’informatica di bordo, la quale ha vincolato in buona parte la morfologia di cruscotti, posti guida e passeggeri. In prospettiva, si punterà sempre di più sull’estensione dell’interazione uomo/macchina a tutto quello che c’è all’esterno, oltre i display presenti negli abitacoli, applicando soluzioni di realtà aumentata. Tra i temi che non tramontano mai, infine, ci sono quelli dell’alleggerimento – ogni anno si verifica che i modelli ‘dimagriscano’ lavorando sui singoli componenti e sui micro-dettagli – e dell’aerodinamicità, su cui si incentra la qualità di un progetto.
Rete web, social network, l’enorme mole di dati e informazioni a disposizione: sono i ‘trend’ a dettare legge, oggi, oppure sono sempre stile e idee a fare la differenza?
Oggi potrebbe sembrare facile cogliere la miriade di influenze che provengono dal web. Con i sistemi di simulazione, modellazione, rendering che sono alla portata di tutti. Il designer, tuttavia, è sempre la figura chiave cui è affidato il fattore imprevedibilità. A fare la differenza, quando si decide di assumere un giovane, oltre alla capacità tecnica, sono aspetti come l’intuizione, l’interpretazione, la capacità di garantire l’organicità d’insieme in un progetto. Dal nostro osservatorio sul car design vediamo che i talenti ci sono: il futuro è pieno di nomi nuovi.
Sarà alla Casa dell’Architettura nella giornata dedicata all’Isia. L’importanza della formazione per un designer.
Il nostro Paese è un baricentro per quanto riguarda la proliferazione della cultura legata a design e manifattura. Da Olivetti a Fiat. Fornire gli elementi necessari a coniugare concetti come innovazione, cultura, usabilità: deve essere questo l’obiettivo di un corso di specializzazione in disegno industriale. Nella consapevolezza che il design può incidere sul futuro non solo delle merci ma anche dei servizi e, quindi, sulla qualità della vita. (FN)
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