L’Aquila dieci anni dopo:ricostruzione a due velocità

Al convegno OAR il punto sugli interventi nel capoluogo abruzzese colpito dal sisma del 6 aprile 2009

di Redazione OAR

Oggi ricorrono i dieci anni esatti dal terremoto che, il 6 aprile 2009, ha distrutto l’Aquila. Costando la vita a 309 persone e devastando uno dei centri storici più grandi d’Italia. L’Ordine degli Architetti di Roma ha dedicato una giornata, lo scorso 2 aprile, a fare il punto sulla ricostruzione, provando a ricomporre il quadro di quello che si è fatto finora ma anche a ragionare sulle prospettive future. Cercando di tracciare un orizzonte temporale entro il quale gli interventi previsti – sia sul fronte pubblico che privato – potranno concludersi. E interrogandosi sulle azioni più efficaci da mettere in campo per sostenere, nel capoluogo abruzzese, la rivitalizzazione del tessuto urbano, anche da un punto di vista sociale e culturale.

Abbiamo raccolto alcuni degli spunti più interessanti emersi nel corso dell’evento andato in scena presso la Casa dell’Architettura – con il coordinamento scientifico di Maria Giuseppina Gimma -, durante il quale sono intervenuti i protagonisti che ricoprono, o hanno ricoperto, ruoli di primo piano nella ricostruzione dell’Aquila e dei comuni ricadenti nel cratere sismico. Dichiarazioni e dati emersi nel corso dell’evento hanno avuto un ampio riscontro da parte dei media, sia a livello nazionale – dall’Ansa a RaiNews24 – che locale.

Qualità dei progetti, prevenzione e manutenzione

A mettere in chiaro un concetto chiave per chi si occupa di progettazione, e valido a maggior ragione per un territorio devastato dal terremoto, è il presidente dell’Ordine degli architetti di Roma, Flavio Mangione: “La parola ricostruzione – ha detto – da sola non basta, è necessario ricostruire mettendo al centro la qualità del progetto”. Mentre ad esprimersi su importanza e urgenza di prevenzione e manutenzione, allo scopo di evitare nuove catastrofi, è stato Christian Rocchi, vicepresidente OAR, che ha introdotto il convegno, ricordando come “la maggior parte dei centri storici in Italia non si trovano in uno stato tale da poter resistere alle sollecitazioni di un forte terremoto. In particolare, se a Roma si verificasse un sisma come quello che ha colpito L’Aquila, verrebbe giù il 70% degli edifici in muratura del centro storico. E’ necessario promuovere l’utilizzo di strumenti più performanti, passando anche dall’obbligatorietà del fascicolo del fabbricato, che permetterebbe di sapere quali interventi fare su uno specifico edificio.”.

Lavori a doppia velocità

La fotografia che ritrae lo stato dell’arte del percorso, faticoso e accidentato, per rimettere in piedi L’Aquila, è quella di una ricostruzione a due velocità. In rapido completamento in periferia, a rilento nel centro storico, dove l’avanzamento dei lavori assomiglia a un tragitto ad ostacoli. E nel quale si pone in modo sempre più rilevante la questione di mantenere in vita il tessuto urbano.

“Per quanto riguarda la ricostruzione c’è ancora molto da fare – ha detto Gianluca Vacca, sottosegretario di Stato ai Beni Culturali -. Quella privata è andata avanti più velocemente e siamo a buon punto, mentre su quella pubblica si è molto in ritardo e in parte rilevante deve essere ancora avviata. Le cause sono dovute al caos normativo, alla carenza di personale negli uffici e alla troppa burocrazia. L’obiettivo è quello di semplificare la normativa, rafforzare l’organico delle strutture, ma anche ricostruire il tessuto sociale. In quest’ottica nel 2019 abbiamo previsto una serie di iniziative culturali per mettere in rete i siti recuperati e valorizzare le bellezze architettoniche e museali restaurate. Attraverso la cultura si può ricostruire e far ripartire un territorio.”. Circa 1 milione di euro, ha fatto sapere il sottosegretario, è stato stanziato solo per iniziative culturali per il decennale del terremoto dell’Aquila.

Altri 10 anni per la parte pubblica

Ad indicare un orizzonte temporale per il completamento degli interventi è stato il neo-assessore per la ricostruzione del Comune de L’Aquila, Vittorio Fabrizi, ingegnere e già alla guida del dipartimento ricostruzione del comune. “La parte privata degli interventi – ha affermato – potrà completarsi entro 4-5 anni ed ha un ulteriore fabbisogno di oltre 1,8 miliardi di euro. Per quella pubblica, invece, potrebbero volerci anche altri dieci anni per chiudere: qui il discorso è complesso e bisogna lavorare sulle normative. In proposito stiamo pensando ad uno ‘Sblocca L’Aquila’, perché servono regole specifiche per la ricostruzione pubblica”. In ogni caso, ha concluso Fabrizi: “L’Aquila non è morta. Soprattutto grazie alle buone scelte fatte all’inizio, sin dalla fase emergenziale, attraverso puntellamenti immediati per tenere in piedi i palazzi e la decisione di non fare un recinto intorno alla città e chiudere tutto”.

Per Luciano Marchetti, già Vice Commissario alla ricostruzione dell’Umbria e dell’Abruzzo, “lo spopolamento si combatte solo completando il recupero del centro storico e riassegnando progressivamente la parte abitativa. In generale, è evidente come sia più facile lavorare sui danni subiti da edifici nuovi rispetto a intervenire su immobili storici o antichi, con condizioni di cantiere più limitanti, nelle strade strette del centro, e spesso caratterizzati da una proprietà frazionata”.

Patrimonio pubblico: avviata la metà degli interventi fin qui finanziati

Un quadro dettagliato sulla situazione attuale l’ha tracciato Stefano D’Amico, Segretario Regionale del Mibac per l’Abruzzo ad interim. “L’ultima assegnazione di risorse al settore ricostruzione del patrimonio pubblico è stata quella derivante dalla delibera Cipe (n. 112) del dicembre 2017: quasi 49 milioni di euro, di cui circa l’85% destinati agli edifici ecclesiastici”. In generale, gli interventi messi in campo sul patrimonio pubblico, dal 2012 ad oggi, sono 247 (per circa 226 milioni di euro di finanziamenti), di cui 112 ultimati, 19 in corso e 116 non ancora avviati (quasi il 47% del totale).

L’approccio verso gli edifici di interesse culturale

A stringere il campo di osservazione sul patrimonio culturale è stata, invece, Alessandra Vittorini, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per L’Aquila e Cratere (soprintendenza che a dicembre, salvo proroghe, concluderebbe la propria missione), che ha sottolineato come “il tema della qualità del progetto racconta poco se non è inserito in un processo di qualità”, rimarcando anche la “cronica carenza di personale” con cui ci si è trovati a convivere. Sono 942 gli edifici e i siti dichiarati di interesse culturale nell’area del sisma, di cui 675 a L’Aquila e frazioni, 267 nel cratere. A questi si aggiungono altri beni pubblici (come palazzi, chiese, monasteri, monumenti, fontane, torri, mura, porte) tutelati per legge, per un totale di almeno 2000 immobili di interesse culturale. Nello specifico sono stati erogati finora 1,3 miliardi di euro per la ricostruzione del patrimonio culturale privato, con l’approvazione di 313 pratiche di aggregati (95% dei progetti presentati).

Sul tema è intervenuto anche il soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma dell’agosto 2016, Paolo Iannelli, evidenziando come L’Aquila “rappresenti comunque un esempio per l’approccio di riferimento con gli edifici culturali, che rende compatibile un modello di sicurezza con quello di tutela”.