Prix de Rome alla Carriera a Francesco Venezia

Di Redazione OAR

Il premio Piranesi alla carriera 2019 verrà assegnato all’architetto italiano Francesco Venezia, come indicato dal Comitato scientifico, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti, Pianificatori e Conservatori di Roma e Provincia e con il Polo Territoriale di Mantova del Politecnico di Milano. Classe 1944, Francesco Venezia ha fondato il suo studio professionale nel 1971, dopo aver conseguito Laurea in Architettura all’Università di Napoli. Contemporaneamente ha portato avanti la sua carriera universitaria (da Venezia a Berlino, da Losanna a Cambridge, fino a Mendrisio), divenendo ordinario nel 1986 ed Accademico di San Luca nel 1998.

Già insignito della medaglia d’oro alla carriera nel 2015 dalla Triennale di Milano, accanto ai numerosi progetti di architettura, molti sviluppati nell’ambito di competizioni concorsuali, si è dedicato anche a numerose istallazioni ed opere temporanee.

Architetto, come è cambiato il mestiere e il fare architettura negli anni?

La professione degli anni ’70 ed ’80 è andata esattamente come credevo. Mi sono formato con una concezione monocratica, secondo cui l’architetto si occupa di un progetto, dalla concezione dell’idea fino alla chiusura dei lavori. Negli anni ’90 e soprattutto negli anni 2000 il processo si è smembrato. Ti offrivano la progettazione senza affidarti la realizzazione. Ho combattuto questa divisione dei ruoli, rifiutando anche molti incarichi: si deresponsabilizza l’architetto, svilendone l’atto intellettuale. L’esecuzione è una continuazione della progettazione e le scelte prese in cantiere sono spesso le più felici.

La sua soddisfazione maggiore?

Di gratificazioni ne ho avute molte. Sicuramente il premio Piranesi è una delle maggiori, anche perché inaspettata. Ho avuto una carriera fortunata, nonostante un volume d’affari non particolarmente rilevante.

Si è dedicato molto all’architettura temporanea, effimera, come per esempio le istallazioni o gli allestimenti. Cosa l’ha affascinata?

Gli allestimenti sono un’occasione molto stimolante, sempre che si tratti di un’opera di architettura, il che vuol dire che contempli la progettazione di spazi. Mi sono lasciato sedurre da queste architetture temporanee che hanno un dialogo aperto con le opere d’arte. E’ un ritornare al ruolo dell’architettura tradizionale, che non scindeva mai l’edificio dai prodotti artistici ospitati in esso. Non esisteva un palazzo senza affreschi o senza quadri e sculture pensate per l’interno. Inoltre un’istallazione ha vita propria: in poco tempo viene vista e sperimentata da un numero molto alto di visitatori, al contrario di un edificio che spesso non è fruito da un numero consistente di persone.

Come è cambiato il rapporto con la normativa?

Le normative ci sono sempre state, ma, come diceva Michelangelo, più mi giova dove più mi nuoce. L’architettura trae giovamento dai vincoli e la massima libertà non incoraggia la creatività. In Francia mi sono confrontato con normative molto stringenti, ma ho saputo amministrarle e renderle strumento attivo. Per esempio, c’era una legge sindacale secondo cui non si potevano usare lastre di pietra superiore a 50 kg per non far movimentare carichi eccessivi agli operai. Per darvi un ordine di grandezza a Palazzo Lorenzo a Gibellina ho adoperato monoliti da 500-600 kg l’uno. Da questo limite della normativa francese, sono riuscito a sperimentare nuovi giunti, distinti in tecnici ed architettonici che mi hanno permesso di raggiungere il risultato estetico che volevo, pur rispettando la legge.

E con le maestranze?

Con le maestranze ho sempre avuto un profondo dialogo anche perché determinanti nel buon successo dell’opera. Mi è capitato spesso di avere un rapporto privilegiato con loro a dispetto della committenza, non sempre particolarmente illuminata.

Un aneddoto. E’ vero che il giorno della morte di Le Corbusier lei era in acqua ed ha sentito un brivido, quasi a preannunciare la sua scomparsa?

Questa è una vecchia storia che voglio sfatare. Ero a Positano nell’agosto del 1965. Ero appena uscito dall’acqua, dopo aver fatto delle “acrobazie” subacquee. Adoravo le immersioni. Arrivato in spiaggia, vedo un uomo con il giornale e leggo il titolo: Morto Le Corbusier. Prendo il quotidiano ed apprendo che è affogato. Ho capito in quel momento che in acqua si potesse morire. Sarei dovuto stare attento con tutte quelle “acrobazie” subacquee.

Un consiglio ai giovani architetti?

Io ho faticato moltissimo, ma non ho perso mai di vista l’obiettivo davanti a cui ho piegato tutto. Non ho mai inteso l’architettura come mezzo per guadagnare, tanto che, pur avendo vissuto il terremoto dell’Irpinia, non ho svolto neanche una pratica. Quello era un modo per portare avanti il lato economico della professione. Non ho fiducia neanche nelle cordate di troppi architetti, che spesso si trovano un pilota anziano che li guidi. Bisogna far da sé e assumersi la responsabilità della professione. Crederci. Bisogna crederci.

Il prestigioso riconoscimento verrà consegnato il 15 marzo 2019 alla Casa dell’Architettura, evento durante il quale Francesco Venezia terrà una lectio magistralis per ripercorrere i momenti salienti della sua carriera.

#LOCANDINA

#REGISTRAZIONE OBBLIGATORIA (ARRM1879 CFP3)

Ore 15.00 |Registrazione CHECK IN dei partecipanti
Ore 15.30 |Saluti
Flavio MANGIONE, Presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma
Luca MONTUORI, Assessore all’Urbanistica – Roma Capitale
Luca RIBICHINI, Presidente della Commissione Cultura Casa dell’Architettura
Romolo MARTEMUCCI, Presidente emerito Accademia Adrianea
Luca BASSO PERESSUT, Direttore Piranesi Prix de Rome
Emilio FAROLDI, Prorettore Delegato del Politecnico di Milano

Ore 15:45 | Presentazione L’albo d’oro del Piranesi Prix de Rome
Pier Federico CALIARI, Presidente Accademia Adrianea

Ore 16:00 |Prolusione
Francesco DAL CO

Ore 16:45 | Cerimonia di consegna del Piranesi Prix de Rome alla carriera

Ore 17:00 | Lectio Magistralis di
Francesco VENEZIA

Ore 18:15 | Dibattito e conclusioni

Ore 18.45 | Registrazione CHECK OUT dei partecipanti

 

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