Comunicazione

Bigger is better? Città 4.0 / Resistenza accoglienza e resilienza: una via italiana all’innovazione / Congresso Nazionale IN/ARCH

Dall’architettura del Made in Italy…

Con il Padiglione Italia alla 13. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia 2012,  l’IN/ARCH ha posto all’attenzione del mondo il modo di produzione Made in Italy.

Un modo di produzione che ha dato luogo a un’economia territoriale capace di esprimere compiutamente la vocazione industriale più profonda del nostro Paese, da un lato, e di far fronte alla crisi della grande impresa avviatasi nella seconda metà degli anni Settanta, dall’altro.

In quell’occasione a Venezia l’IN/ARCH ha dimostrato, attraverso una ricca documentazione di casi esemplari, come l’architettura, lungi dall’essere un semplice optional del luogo di produzione o di direzione, costituisca una componente fondamentale tanto del processo produttivo, quanto della commercializzazione del prodotto.

Sempre in quell’occasione l’IN/ARCH rilevava come il sistema Made in Italy, cresciuto impetuosamente attraverso una sommatoria di iniziative individuali, solo talora coordinate in distretti produttivi, non fosse più in grado di far fronte alla crisi internazionale esplosa alcuni anni prima. Si rendeva necessario, di conseguenza, dare vita a una strategia territoriale alla grande scala già prefigurata, nell’immediato dopoguerra, da Adriano Olivetti.

Alle imprese, delle quali esaltava la capacità di esprimere l’eccellenza del modo di produzione nell’eccellenza del luogo di produzione e di direzione, l’IN/ARCH proponeva di trasformarsi in una sorta di “rete olivettiana”, mirata a esaltare e sviluppare il sistema del Made in Italy. E di rappresentare tale eccellenza anche attraverso un sistema insediativo che, nella storia ma anche nel presente, ha dato luogo alla straordinaria geografia policentrica che caratterizza il nostro Paese. In altri termini, invitavamo il mondo produttivo italiano a fare del riequilibrio e della valorizzazione del territorio la grande opportunità di rilancio della nostra economia.

… a una nuova stagione dell’Italia delle Cento Città…

Se è vero, infatti, che metà della popolazione umana vive nelle città, che occupano soltanto il 2,5% della superficie della Terra e che entro il 2030 ci saranno 41 megalopoli con più di 10.000.000 di abitanti, a fronte delle attuali 28, che dire della “resistenza” opposta dall’Italia alla concentrazione megalopolitana?

Si tratta di un grave ritardo da colmare o di un potenziale modello alternativo di organizzazione del territorio?

Le grandi agglomerazioni urbane sono da alcuni considerate le uniche in grado di attrarre investimenti, di promuovere l’innovazione, di produrre PIL.  In molti studi si sostiene che per reggere la competizione su scala mondiale le città devono necessariamente diventare più grandi.

Allo stesso tempo il sovraffollamento sempre più intenso delle megalopoli ci pone di fronte a problemi complessi relativi all’inquinamento ambientale, all’uso delle risorse, ai flussi migratori alla produzione di rifiuti, ai sistemi di trasporto ecc.  Pone, in sintesi, un quesito sulla capacità di tali modelli insediativi di garantire il benessere dei cittadini.

Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) l’80 per cento delle persone che vive in grandi aree urbane è esposto a una qualità dell’aria oltre i limiti posti dalla stessa OMS. Sono due milioni in tutto il mondo le vittime associate ogni anno all’inquinamento atmosferico. Nella sola Londra, ad esempio, si stima che l’inquinamento provochi 9.000 decessi l’anno, per non parlare delle gravissime conseguenze derivanti dalle concentrazioni di PM nelle megalopoli del sud est asiatico.

La realtà italiana ha una struttura territoriale con agglomerati urbani diffusi (8.100 Comuni di cui 88% di piccolissime dimensioni) e con trend di crescita particolari.

In Italia, infatti, il 58% vive in città (nei 741 comuni con più di 15.000 abitanti), ma solo 3 città hanno una popolazione di 1 milione di abitanti (Roma, Milano e Napoli); se si sommano anche gli abitanti degli hinterland solo 5 superano il milione. Considerando, inoltre, il basso indice di natalità (1,34 a coppia) e l’aumento delle prospettive di vita, si prevede solo un lieve aumento della popolazione complessiva (di cui il 22 % pensionati).

In sintesi l’Italia è ancora il Paese delle 100 città.

Anche sul piano industriale il nostro Paese è caratterizzato soprattutto da imprese medio-piccole aggregate in distretti produttivi che solo raramente si trovano all’interno delle aree metropolitane.

Si tratta di un modello insediativo alla radice dell’attrattività che, sul piano turistico, l’Italia esercita ancora nel mondo – il Paese dei 30.000 borghi – come luogo dell’italian Lifestyle, del buon vivere in un territorio nel quale insediamenti e paesaggi agricoli si fondono in maniera mirabile.

Si tratta di un modello di organizzazione del territorio caratterizzato non da grandi concentrazioni urbane, ma da un forte policentrismo.

Un policentrismo in grado di coinvolgere anche i territori rurali nei processi di crescita economica.

Un policentrismo capace di coniugare in modo nuovo – nell’epoca della connettività – i concetti di smart city, di smart communities, di resilienza, di innovazione, di sostenibilità ambientale.

Un policentrismo potenzialmente in grado di garantire il benessere dei suoi abitanti e di proporre un modello diverso di accoglienza di quanti premono alle nostre porte in fuga da guerre e miserie insopportabili.

Il tema dell’accoglienza, infatti, non si qualifica come emergenza, ma come fenomeno di lunga durata che in questo modello insediativo può trovare una risposta diversa ai drammatici problemi dell’invecchiamento della popolazione e dell’abbandono delle aree interne: non più concentrazione di nuovi migranti nelle periferie delle aree metropolitane, ma sistemi di accoglienza diffusa nel territorio mirati a promuovere processi virtuosi di integrazione, anche ripopolando i tanti territori agricoli e i tanti borghi abbandonati  della penisola, innestando nuovi processi di sviluppo economico.

L’urgenza  di una riflessione su questi  ambiti è testimoniata anche dal tema scelto per il Padiglione Italia alla 16. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia dal curatore Mario Cucinella,  “Arcipelago Italia – Progetti per il futuro dei territori interni”. L’attenzione della mostra sarà infatti rivolta all’Italia dei piccoli centri delle aree interne del paese, dei luoghi agricoli, dei borghi; una realtà “detentrice di un patrimonio naturalistico e culturale inestimabile che ci ha spinto – scrive Cucinella – a considerarne il rilancio come un tema altamente strategico per il nostro Paese”.

… con piccole città metropolitane

 È necessario altresì prendere di petto le “Città metropolitane” – in Italia sono in numero analogo all’insieme di tutti gli altri 28 Paesi dell’Unione Europea – che dovrebbero fondere in un unico soggetto quanto agisce nel territorio di competenza e generare la massa critica indispensabile alla competitività ad ampia scala. Dovrebbero anche dare finalmente risposta all’impegno – assunto anche dall’Italia- di “migliorare la qualità dell’ambiente di vita quotidiano dei cittadini europei attraverso politiche esemplari nel settore della costruzione pubblica”.

Al loro interno dovrebbero rintracciare dense reti di “luoghi di condensazione sociale”, individuare diverse forme di mobilità alternativa, realizzare la “città dei 5 minuti”. L’architettura è una risorsa da gestire sapientemente a questi fini, perché in fondo si tratta di dare qualità alle reti e ai nodi di interconnessione: dalla scala territoriale alla scala dello spazio pubblico urbano.

Coniugare innovazione, solidarietà e qualità della vita

A oltre cinque anni dall’esperienza condivisa del Padiglione Italia dobbiamo registrare come la prospettiva da noi delineata nel 2012 sia rimasta in gran parte inascoltata: il mondo politico sembra sempre più ripiegato su sé stesso e incapace di offrire un progetto al Paese; anche il mondo imprenditoriale, che per primo avrebbe dovuto leggere nella nostra proposta una opportunità di sviluppo, appare a volte impantanato in  una conduzione miope della quotidianità aziendale, incapace di delineare prospettive davvero espansive.

In tale contesto emerge un Paese decisamente meno unito e con disparità geografiche e sociali sempre più drammatiche. Un Paese incapace di perseguire quella coniugazione di innovazione, solidarietà e qualità che sola può promuovere un nuovo protagonismo italiano in Europa e, più in generale, sulla scena internazionale.

Un nuovo momento di confronto

Per questo l’IN/ARCH avverte oggi la necessità di riproporre alle forze politiche e imprenditoriali un nuovo momento di confronto allargato, mirato a delineare un percorso di sviluppo originale e concreto per il nostro Paese.

Un percorso che sappia leggere nella permanenza del carattere policentrico e diffuso del nostro sistema produttivo e insediativo non un ritardo ma un modello alternativo, capace confrontarsi da pari a pari con quello delle megalopoli.

Tale prospettiva richiede l’adozione di politiche di governo e di trasformazione del territorio di lunga durata, caratterizzata da scelte coraggiose sostenute da investimenti pubblici importanti sul piano delle reti infrastrutturali della mobilità, della banda ultralarga e della connettività diffusa, della gestione dei servizi, del trattamento dei rifiuti, delle strutture amministrative di governo dei territori e, non da ultimo, delle politiche del lavoro. Per questo ci sembra che il richiamo ai distretti produttivi del Made in Italy e al pensiero Olivettiano possa costituire un utile riferimento per riportare al centro del dibattito la qualità e la dignità del lavoro come cardine dello sviluppo e dell’accoglienza.

Il ruolo dell’architettura

L’architettura, come è sempre avvenuto nella nostra storia, non può non svolgere un ruolo decisivo in un percorso di ripresa del nostro Paese: la rappresentazione architettonica dei luoghi di lavoro e di direzione è stata fondamentale per le imprese che, anche grazie all’impegno nella configurazione degli spazi di lavoro e di amministrazione, hanno saputo sferrare una sfida sui mercati internazionali all’insegna della qualità globale. Altrettanto deve avvenire nel sistema Paese per la rigenerazione delle città, dei territori, delle reti infrastrutturali e ambientali, in modo da avviare quella “Quarta Stagione dell’architettura del Made in Italy” che l’IN/ARCH ha proposto nel 2012, attraverso cui coniugare innovazione, benessere, bellezza e giustizia.

Una prospettiva nella quale il ruolo dell’architettura deve essere radicalmente ripensato, perché possa essere all’altezza dei compiti che l’attendono.

Deve maturare una nuova domanda di progetto, sostenuta da risorse adeguate e regolata da un Codice della Progettazione non vagamente evocato, com’è oggi, nel Codice degli Appalti.

Le costruzioni non possono più essere considerate le uniche protagoniste della produzione edilizia architettonica. Flessibilità e processualità devono essere alla base di una nuova strategia, in grado di ripensare la nozione di tessuto insediativo come continua addizione, ed aprirsi ad una pianificazione dello spazio vuoto inedificato, intendendolo come risorsa e infrastruttura ambientale per l’adattamento climatico e la rigenerazione della città.

Per attuare ciò va riportato al centro del processo la responsabilità della scelta progettuale, alle diverse scale. Oggi il progetto architettonico è completamente deresponsabilizzato, marginalizzato nel rapporto coi processi di modificazione del territorio.

Solo attraverso una nuova, rinvigorita, domanda di progetto, sarà possibile avviare quel processo di “ri-civilizzazione” dell’urbano.

Per cercare di avanzare in questa direzione l’IN/ARCH organizza una giornata di discussione aperta a tutti i soggetti – politici, industriali, finanziari, culturali – a diverso titolo interessati a una prospettiva di sviluppo capace di coniugare l’innovazione con i “caratteri originari” del nostro Paese.

PROGRAMMA

Ore 10.30 registrazioni

Ore 11.00 inizio lavori

Introduce

Adolfo Guzzini,  Presidente IN/ARCH

Intervengono

Aldo Bonomi, Sociologo, direttore Consorzio A.A.Ster (Associazione Agenti Sviluppo Territorio)

Aldo Cibic, Fondatore Cibicworkshop

Irene Giglio,  Architetto, MCA Mario Cucinella Architects – coordinatore del progetto per il Padiglione Italia, 16. Mostra internazionale di Architettura Biennale di Venezia

Carlo De Vito, Presidente di FS Sistemi Urbani

Carlo Modonesi, Docente di Ecologia umana, Università di Parma

Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico

Antonio De Caro, Presidente Anci

Gabriele Buia, Presidente ANCE

Dibattito

Conclusioni ore 14.30

Considerato il rilievo dei temi trattati, sono stati richiesti al CNAPPC  n. 4 CFP per Architetti.
Per l’assegnazione dei CFP è obbligatoria la registrazione al congresso.
Scarica il modulo, compila i campi vuoti e invialo a: inarch@inarch.it