Riuso immobili della Difesa: patrimonio per trasformare le città

di Redazione OAR

Un enorme patrimonio da valorizzare. Con strutture e spazi da restituire alla collettività per usi culturali, sociali, per le pubbliche amministrazioni e le università. Oppure – attraverso il dual use –  mantenendo la disponibilità e, in alcuni casi, le funzioni degli immobili, ma con la possibilità di affidare a terzi la gestione delle infrastrutture. Sono alcuni dei temi che – tra dati e informazioni, spunti di riflessioni ed esempi virtuosi a livello nazionale – sono stati approfonditi nel corso del convegno “Rigenerazione e riuso degli immobili della Difesa. I beni demaniali fra cultura, ricerca e innovazione per nuovi scenari di sviluppo”, organizzato da Ordine Architetti Roma (coordinatore scientifico: Luca Ribichini, presidente della Commissione Cultura Casa dell’Architettura) presso la Link Campus University a Roma.

E’ stata una giornata dedicata a fare il punto sul fenomeno e sui processi connessi ad alienazione e immissione sul mercato di beni immobili pubblici, in particolare quelli facenti capo al Ministero della Difesa: siti militari, infrastrutturali, portuali, doganali non coinvolti nei processi di trasformazione delle città, ma rimasti – spesso nel cuore dei centri urbani – isole scollegate dal tessuto circostante. Un patrimonio da valorizzare che rappresenta una delle principali sfide di trasformazione urbana, potenziale volano di sviluppo e coesione sociale per le città italiane. Tema sul quale è intervenuto il presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma, Flavio Mangione, sul suo blog su HuffPost Italia (leggi qui)

L’evento è stato introdotto da Christian Rocchi, vicepresidente OAR che ha ricordato come sia “fondamentale fare rete, tra ordini ed enti privati, sul tema rigenerazione urbana, strategico per il futuro delle città. Occorre fare fronte comune per chiedere di semplificare le leggi, snellire gli strumenti a disposizione, riprendere le buone pratiche a livello nazionale e internazionale”. Sul punto è intervenuto anche Luca Ribichini, segnalando come un esempio forte da seguire “sia il caso di Barcellona, riuscita a passare in un tempo relativamente breve da città periferica a grande metropoli europea. Tenendo insieme – grazie a unità d’intenti tra amministrazione, progettisti, soprintendenze, imprese – iniziative e interventi che hanno contribuito a lanciarla sulla scena internazionale contemporanea”.

Ad offrire un quadro della strategia messa in campo dal ministero della Difesa è stato Giancarlo Gambardella, alla guida della “task force” per la valorizzazione e dismissione degli immobili non residenziali della Difesa. La riorganizzazione da parte del ministero – dettata da una serie di fattori determinanti: dall’evoluzione storico-politica alla fine della leva obbligatoria – ha portato alla dismissione di circa 2.300 infrastrutture tra il 2000 e il 2018, con un processo che continua ad andare avanti. “Si tratta di operazioni complesse – ha detto Gambardella -: per valorizzare le aree urbane occorrono le necessarie varianti urbanistiche”. E sono state 25 le varianti adottate dal 2014 – anno in cui la task force è stata istituita – ad oggi, con 11 immobili venduti a Cassa Depostii e Prestiti, 5 conferiti nel fondo difesa Invimit e 3 immobili di pregio acquistati da soggetti privati. Inoltre, 534 immobili sono stati resi disponibili, negli ultimi cinque anni, per gli enti territoriali, 2020 per altre articolazioni dello Stato, 48 adibiti ad uso duale (si veda sotto). “Sono state attivate sinergie con Agenzia del Demanio, Mibac e Miur, Comuni, Province e Regioni”, ha detto ancora il direttore della task force, ricordando anche “il lancio a Milano di ‘Valore Italia’, il progetto per gli ex idroscali”.

Altro ambito da valorizzare è quello del patrimonio industriale-militare. Ne ha parlato Edoardo Currà, professore di Architettura tecnica alla Sapienza di Roma e presidente dell’associazione italiana per il patrimonio archeologico industriale, portando alcuni esempi di strutture sparse sul territorio nazionale: dallo stabilimento militare materiale elettronici e di precisione (Smmep) in Via Guido Reni, a Roma, alla ex Dsse Centro Studi ed esperienze di Guidonia, dal magazzino artiglieria e difesa chimica (Mar.Di.Chi) di Torino ai Bacini, le tese, la Gru, gli impianti e le corderie dell’Arsenale di Venezia. Il docente ha poi ricordato “il caso della ex Caserma Sani e Pepe – Centro Esquilino, primo progetto di project financing realizzato a Roma, che ha avviato riqualificazione del quartiere”.

A illustrare gli strumenti – diversi dall’alienazione – per la gestione economica degli immobili e dei beni patrimoniali e per la loro valorizzazione è stato invece Luca Andreoli, direttore generale di Difesa Servizi SpA. Uno di questi è il dual use, “che permette – ha spiegato – di mantenere in disponibilità l’immobile da parte della Difesa ma con possibilità di affidare a terzi gestione infrastruttura”. Un esempio di immediata comprensione è quello dei fari, che conservano la propria funzione e che vengono utilizzati, nel contempo, per scopi diversi (si pensi alle attività ricettive) ma sono tanti i casi di grandi strutture – caserme, magazzini – il cui utilizzo è stato (o sarà) razionalizzato. Un esempio? L’ex caserma Boscariello, tra i quartieri di Scampia e Miano, nella periferia Nord di Napoli: si condivideranno gli spazi un nuovo polo della sicurezza della Polizia di Stato e un centro polisportivo in collaborazione con il Coni, per il quale “entro giugno si andrà in gara”, ha annunciato Andreoli. Che ha poi aggiunto: “Il dual use permette di ottenere, allo stesso tempo, la riduzione costi a carico della Difesa, la restituzione di spazi alla collettività, e di generare nuove entrate”.

Tra gli altri interventi c’è stato quello di Cristina Natoli, del Mibac, soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Torino, che ha rimarcato come “il recupero di un’area debba essere connotato con il suo valore storico e culturale”. Illustrati alcuni esempi di rigenerazione di immobili militari in Europa: dalla base sottomarina a Saint Nazaire (Francia) all’ex base marina britannica sul waterfront di Portsmouth (Regno Unito).

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