di Redazione OAR
Nell’ambito di una serie di iniziative sostenute dall’Ordine degli Architetti di Roma in occasione del Nowruz, il capodanno persiano, è stato invitato nella Capitale Kamran Afshar Naderi, architetto iraniano che in Italia ha completato la propria formazione accademica e ha mosso i primi passi nel mondo del lavoro. Un incontro prezioso per scoprire le tendenze dell’architettura contemporanea in Iran.
Il 28 marzo, nell’ambito del ciclo di conferenze “I Mestieri dell’Architetto” promosso dalla facoltà di Architettura della Sapienza, lo stesso Kamran Afshar Naderi, cofondatore di Memar una delle più rinomate riviste di architettura iraniane, ha incontrato gli architetti romani e gli studenti.
Fermamente convinto dell’essenza multidisciplinare dell’architettura, Kamran Afshar Naderi, che è anche pittore, scrittore, artista, manager della società di ingegneria Artelia, organizzatore di concorsi e premi prestigiosi come il Memar Award, ha lo sguardo disincantato e l’agire libero da criteri di mercato propri di chi può descrivere la realtà senza filtri distortivi.
L’economia iraniana punta molto sull’edilizia, che costituisce il 70% dell’investimento privato, anche perché Teheran in 200 anni è passata da 15 mila a 13 milioni di abitanti. Ogni anno vengono costruiti 12 milioni di metri quadi di abitazioni, sia di lusso che popolari. Così il mestiere di architetto diviene molto ambito: ci sono 50.000 studenti di architettura.
L’apertura verso forme e tendenze contemporanee è stata possibile in seguito alla disponibilità delle autorità locali che, seppur continuano a perseguire una netta distinzione dall’Occidente, hanno ammorbidito i confini dell’identità islamica anche nell’assegnazione di concorsi di opere pubbliche. Per molti anni si sono scontrati due filoni di pensiero: chi credeva che le tendenze internazionali fossero il futuro architettonico del proprio paese e chi puntava sulla conoscenza e valorizzazione delle costruzioni storiche, come opportunità per ripensare l’assetto urbano. Archi e colonne venivano inseriti nelle architetture locali erigendosi a marchio distintivo dello stile locale ed a garanzia di una identità islamica.
Dopo la guerra contro Saddam, negli anni ’80 i giovani hanno preso coraggio e, confrontandosi con il panorama progettuale internazionale, sono risultati anche vincitori, potendo così tornare in patria e plasmare un nuovo concetto di fare architettura. Straordinario è l’impulso vitale donato alle sperimentazioni architettoniche da questa nuova generazione di architetti iraniani, formatisi prevalentemente dopo la Rivoluzione del 1979, che attraverso una sapiente ricerca di linguaggio, tecnica e forma riesce a dialogare con il patrimonio storico senza retorica.
Interessanti le esperienze delle giovani donne architetto iraniane Sepideh Sarrafzadeh (Next Office) e Mitra Masoomi (Diba Group)
Un fermento culturale e creativo accentuato dall’apertura all’Occidente che, dopo l’accordo sul nucleare, dovrebbe essere ormai imminente.
Presente all’incontro anche il Vice Sindaco di Teheran Abdolreza Golpayegani che ha illustrato il modello di architettura proposto dal Comune a cui dovrebbero ispirarsi i progettisti iraniani. E’ il tentativo dell’amministrazione locale di combinare l’architettura persiana ed islamica, senza perdere d’occhio la rispondenza ai processi giornalieri degli utenti, il confort, la sostenibilità, il rapporto con la luce e con la natura.
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