Internazionalizzazione: se i primi passi della carriera si fanno all’estero

L’esperienza di Francesco Gatti (studio 3Gatti): da Roma a Shanghai e ritorno

di Redazione OAR

Opportunità lavorative ma anche la possibilità di ampliare, sin dall’inizio della carriera, il proprio range progettuale. Per una quota crescente di progettisti, muovere i primi passi all’estero – meglio se in Paesi ad elevato indice di sviluppo – è una opzione sempre più concreta. Per approdare in un mercato che offra maggiori possibilità di ottenere incarichi professionali, avere occasione di confrontarsi (quasi) da subito con la fase di cantiere, dare libero sfogo al proprio estro creativo. Costruirsi, in questo modo, una base più o meno solida – in termini di economici ma anche di opere realizzate – sulla quale incentrare il proprio percorso professionale futuro.

Una strada di questo tipo è quella intrapresa da Francesco Gatti, architetto romano, 46 anni, alla guida dello Studio 3Gatti, con una sede romana, una in Cina – a Shanghai – e un primo approccio a Londra.

Lo studio a Roma è stato aperto nel 2002. Due anni dopo – quasi per caso – l’approdo in Cina. “Intorno ai trent’anni – spiega il progettista -, in una sorta di periodo sabbatico, ho fatto un viaggio nel paese asiatico, in un momento di grande fermento ed espansione, in cui era impossibile non lavorare. Anche se non era facile fare architettura di qualità: la visione dei committenti cinesi, allora, era limitata. Molti avevano in mente solo il concetto di archistar. In compenso, c’erano tantissime opportunità”  Così, nel 2004, è nato lo studio a Shanghai. “Ho avuto la possibilità sia di progettare edifici che di occuparmi di paesaggio. Di cimentarmi con il cantiere. La committenza è in larga parte privata. La burocrazia non è un peso e l’architetto può occuparsi di progettare, senza essere costretto ad affrontare altri problemi”.

Di concorsi, in Cina, “ne ho fatti pochi – dice Gatti -. Ho vinto, tuttavia, la competizione internazionale per il nuovo Museo dell’Automobile costruito a Nanchino”, il Drive-In Automobile museum in Nanjing, un “origami” in scala urbana. Altra opera di grandi dimensioni realizzata è stata il Red Wall a Shanghai, edificio per uffici in zona commerciale con un mix di funzioni. Per il resto, tra l’altro, “ho fatto molti progetti di landscape e di interni”.

Dopo 11 anni, racconta l’architetto, “ho sentito l’esigenza, personale e professionale, di tornare a Roma e, in generale, in Europa. La sede di Shanghai continua ad essere attiva, anche attraverso una partnership. Ma ho ricominciato ad occuparmi dello studio romano, rimasto comunque aperto in questi anni. In Italia continua ad essere difficile lavorare, tutti si lamentano e c’è tanta burocrazia: il progetto copre il 10-15% del lavoro di un architetto, che deve occuparsi anche di molte altre questioni”. Il progetto, adesso, “è di puntare su Londra, dove ho messo ‘un piede’ attraverso alcune collaborazioni, soprattutto sul fronte della partecipazione a concorsi di progettazione, anche – tra l’altro – con studi di ingegneria”

Tra i concorsi ai quali il progettista romano si è dedicato, in Italia, ci sono quelli per una chiesa in Calabria, a Locri, e per una Caserma dei Vigili del Fuoco, a Lecco. In Europa ha invece partecipato alla call per il Padilgione del Regno Unito per la Biennale di Venezia 2020. Ma anche al concorso di idee per una nuova biblioteca municipale a Valleverde, Madrid: una sorta di astronave verde, “che d’inverno è un monolite nero che assorbe calore, mentre d’estate si ricopre di verde e fiori”.

L’idea – conclude Gatti – “è quella di utilizzare al meglio lo strumento del concorso per trovare l’occasione giusta, fare un ulteriore passo in ottica internazionale e allargare ancora l’orizzonte lavorativo dello studio. Anche grazie alla costruzione di un network di contatti e collaborazioni”.

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